Parole della domenica, un’altra Pasqua di “passione” in attesa della rinascita della città
Arriva una nuova Pasqua e si spera che sia davvero quella della svolta. Dopo i due anni di Covid e due di guerre si cerca solo serenità. Montecatini ne ha davvero bisogno per la sua economia turistica afflitta ormai da una lunghissima crisi. Le Terme restano un’incognita con il concordato in corso, ma il turismo, almeno nei numeri, dà segnali di ripresa.
Si potrà obiettare che si tratta di un turismo più “povero” rispetto al passato, ma per recuperare qualità bisogna che ci sia un’offerta di servizi superiore all’attuale.
Non disperiamo, guardiamo il bicchiere mezzo pieno e affrontiamo al meglio questo anno che dovrebbe essere quello della transizione.
Intanto, godiamoci il buon momento di questa Pasqua 2024.
Leggi cosa accadeva nella Pasqua di 40 anni fa da “La Nazione”
Come ogni settimana, ho cercato nel web e sui giornali altre storie per chi voglia leggere ma soprattutto per chi voglia riflettere.
Buona lettura e auguri di una Pasqua serena a tutti quelli che ci seguono.
(a cura di Mauro Lubrani)
La Pasqua dei cattolici in Terra Santa
La Pasqua mai come quest’anno è segnata da lutti, dolore e anche mancanza di speranza. Più di tutto al mondo manca la pace, e papa Francesco ce lo ricorda ogni giorno. Toccante la lettera che ha voluto inviare ai cattolici di Terra Santa: non vi lasceremo soli – questo il messaggio -, voi siete «semi di bene in una terra lacerata» dal «dramma assurdo della guerra». Ed ecco l’invito rivolto a tutti: «Fa’ che nessuno ci rubi dal cuore la speranza di rialzarci e di risorgere con te, fa’ che non ci stanchiamo di affermare la dignità di ogni uomo, senza distinzione di religione, di etnia o di nazionalità, a partire dai più fragili: dalle donne, dagli anziani, dai piccoli e dai poveri».
Avvenire – 30 marzo 2024
Il rischio della terza guerra mondiale “a pezzi”
A settembre, in Mongolia, aveva citato «Timore e tremore» di Søren Kierkegaard, la riflessione su Abramo che seppe sperare contro ogni speranza: «Ognuno fu grande secondo quello che sperò. Uno fu grande sperando il possibile, un altro sperando l’eterno, ma chi sperò l’impossibile fu il più grande di tutti». Sono anni che il Papa denuncia, inascoltato, la «follia» della guerra. Fin da quando, nel 2014, eletto da un anno, andò a commemorare nel Sacrario di Redipuglia i caduti della Prima Guerra mondiale, l’«inutile strage» che Francesco conosce bene dai racconti familiari perché vi aveva combattuto il soldato Giovanni Carlo Bergoglio, suo nonno. Un secolo più tardi, il nipote Jorge Mario sa che tutto è cominciato da lì, dal non senso di un conflitto riassunto dalla battaglia di Verdun, un milione di morti senza che il fronte si spostasse di un metro. Poi è arrivata la Seconda Guerra Mondiale, sono arrivate Hiroshima e Nagasaki e il pericolo di annientamento del genere umano. Nell’era delle armi nucleari la guerra «alienum est a ratione», è estranea alla ragione, scriveva Giovanni XXIII nella Pacem in Terris, 1963. Il principio della guerra giusta coniato da Sant’Agostino nel IV secolo sfuma davanti a tutto questo e supera ogni considerazione geopolitica. Per questo Francesco continua a gridare nel deserto, e a sperare ciò che appare impossibile: non si schiera con nessuno, se non dalla parte del negoziato, sempre, perché sa che nel tempo della «Terza guerra mondiale a pezzi» bisogna tentare l’impossibile per evitare il pericolo che i «pezzi» finiscano per saldarsi.
Gian Guido Vecchi – Corriere della Sera / Buone notizie, 25 marzo 2024
Sei milioni di poveri e non sentirli
La povertà non è stata abolita, come pretendeva Luigi Di Maio (la politica ha abolito lui, se non fosse per il ripescaggio internazionale), né si può abolire per decreto, come sostiene anche Giorgia Meloni. Ma questo non significa che la politica non abbia i mezzi per intervenire. E che ogni atto, o inerzia, comporti un aumento o una diminuzione della povertà. I dati dell’Istat ci dicono che la situazione è drammatica. Non è allarmismo. È la verità cruda dei numeri. Vediamoli, prima di provare a capire, considerando che è l’Istat a stabilire, in base a un paniere di beni e di servizi, alla dimensione della famiglia e al luogo di residenza, la soglia sotto la quale si può definire qualcuno in stato di povertà assoluta (cioè non riesce con le sue entrate, e senza aiuti, a procacciarsi i beni e servizi essenziali per la sopravvivenza e una vita decente).
In povertà assoluta ci sono 5,7 milioni di persone, 2,23 milioni di famiglie. Il 9,8 degli individui, l’8,5 delle famiglie. Nel 2022 erano il 9,7 delle famiglia e l’8,3 delle persone . I minori in povertà sono 1,3 milioni. Lo stesso numero del 2022. Ma nella percentuale, il 14 per cento, più alta dal 2014. Come sempre, al Sud c’è l’incidenza più elevata di povertà. Ma è al Nord e al Centro che ora aumenta (forse perché più di così al Sud è difficile).
Alessandro Trocino – Corriere della Sera, 26 marzo 2024
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