Parole della domenica, reti di protezione al Tettuccio: sicurezza per i turisti e gli ospiti di eventi
Lo stabilimento Tettuccio, il fiore all’occhiello della città termale patrimonio Unesco, paga anni di disinteresse sul suo stato di salute e di mancati interventi di manutenzione. Così, ora appare inevitabile intervenire per garantire la sicurezza dei frequentatori e al tempo stesso avere introiti. Questi arrivano in scarsa quantità dai turisti della cura delle acque, ma maggiormente da eventi.
“L’organizzazione di eventi alle Terme Tettuccio rappresenta la principale fonte di entrate per garantire la continuità aziendale dell’azienda. Sarebbe davvero un grave dispiacere vedere tutto questo dissipato e distrutto. Quindi, in merito alla messa in sicurezza dell’edificio, sollecitata anche dalla Soprintendenza, non possiamo esimerci dal sistemare alcune reti di protezione all’interno dell’edificio, per quanto brutte possano essere”. E’ quanto ha affermato il commercialista Luca Quercioli, amministratore delle Terme, nel corso dell’audizione davanti alla commissione consiliare per il controllo delle società partecipate, dove è stato convocato dal presidente Edoardo Fanucci.
Ci saranno reti non belle a proteggere i clienti del Tettuccio, ma è sicuramente un primo passo verso un indispensabile intervento di manutenzione del monumento simbolo delle Terme di Montecatini. La speranza è che sia anche un nuovo inizio.
Come ogni settimana, ho cercato nel web e sui giornali altre storie per chi voglia leggere ma soprattutto per chi voglia riflettere.
Buona lettura a tutti quelli che ci seguono.
(a cura di Mauro Lubrani)
I paesi con il maggior numero di Premi Nobel
Non è un esercizio così semplice contare il numero esatto di Premi Nobel per la pace vinti dai diversi Paesi, poiché entrano in gioco vari fattori come le assegnazioni a organizzazioni nazionali e internazionali, le doppie nazionalità e gli stati dissolti. Ma comunque si effettui il conteggio, gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia sono le nazioni più premiate, insieme alla Svizzera se si considerano le sedi delle organizzazioni internazionali.
Francesco Cianfanelli – SkyTG24 del 14 ottobre 2024
Storia di un falegname sfortunato che ha inventato la Lego
Con un po’ di retorica buonista si potrebbe raccontare una grande storia imprenditoriale, costruita sulla volontà, la determinazione, la genialità, l’abilità manuale. E fermarsi a un esempio non rarissimo, in ogni parte del mondo, di «self made man». Ma ci piace raccontarla come la storia di uno sconosciuto falegname – un mastro Geppetto danese – perseguitato dalla sfortuna e dalle avversità della vita, che non si arrende, continua a lavorare sodo, combina il mestiere con la sua passione per i giocattoli e ottiene un incredibile successo mondiale. Mondiale come il cubo di Rubik, ma forse ancora di più, perché il Lego ha fatto giocare e sognare generazioni di bambini (e anche di adulti) dal dopoguerra ed è diventato qualche cosa di più di un gioco: un sistema creativo modulare, una variazione del design, un oggetto da museo, una «fabbrica» per riprodurre all‘infinito ogni genere di oggetti della nostra vita. Però colorati, semplificati, semplici come sanno fare soltanto i bambini. Non per niente, Lego, in danese, è una contrazione delle parole «gioca bene».
Ora la storia del fondatore della Lego arriva anche in libreria. «Lego. Una storia di famiglia»(ed. Salani), scritto Jens Andersen. Un cognome che è una garanzia per raccontare una fiaba moderna. Tradotta in 16 lingue, ricca di immagini è la prima biografia autorizzata, attraverso tre generazioni, della famiglia che ha creato la fabbrica e che la guida da 90 anni. «La vita è un dono, ma è molto più di questo. La vita è una sfida» disse Ole Kirk Kristiansen, il fondatore, all’inizio dell’impresa, nato il 7 aprile 1891 nella città danese di Filskov.
Massimo Nava – Corriere della Sera, 19 ottobre 2024
L’utopia di un mondo senza fame
Pensavamo di avercela fatta. Lo assicuravano gli economisti, gli esperti dell’Onu e perfino le candidate a Miss Universo: la fine della fame del mondo è possibile, forse vicina, si diceva solo una decina di anni fa. Utopia finita. Dal 2016 il trend si è invertito e l’obbiettivo globale di liberare il mondo dalla fame, dall’insicurezza alimentare e dalla malnutrizione entro il 2030 si allontana sempre di più.
Le aree più colpite sono sempre le stesse: Africa, Sud-Est asiatico, Asia occidentale. I territori dove più forte si avvertono le conseguenze del cambiamento climatico e delle guerre. Se nel 2018 soffrivano la fame 581 milioni di persone, nel 2023 la cifra è salita a 733 milioni secondo i dati dell’Onu. Da allora, tra conflitti e shock climatici, la situazione non è certo migliorata.
Nella Striscia di Gaza, martoriata dalla guerra, è stato registrato il tasso di malnutrizione più alto a livello globale: 1,1 milioni di bambini, tutta la popolazione infantile si trova in uno stato di insicurezza alimentare a causa. “Non ci rendiamo conto che il fatto che i bambini continuano a morire di fame dovrebbe essere uno scandalo per tutti”, denuncia Daniela Fatarella, direttrice generale di Save The Children Italia, a commento dell rapporto “La fame mangia i bambini”, di cui parla il prossimo numero di Buone Notizie in un articolo-inchiesta di Giulio Sensi.
Dal 2010 ad oggi c’è stato un marcato aumento dei conflitti violenti e la crisi climatica ha fatto sì che in cinque anni sono più che raddoppiati, da 29 a 72 milioni, coloro che si trovano in insicurezza alimentare per la difficoltà di produrre cibo. Non ce l’abbiamo fatta.
Sara Gandolfi – Corriere della Sera / Buone notizie, 14 ottobre 2024
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