Parole della domenica, nel 2023 previsto un boom di turisti in Toscana, ma Montecatini dorme
«Per il turismo in Toscana si prospetta un 2023 da record». Parole dell’assessore regionale al turismo Leonardo Marras, sulla base del nuovo report dell’Istituto Demoskopika. Per la Toscana vengono stimati numeri sopra la media nazionale: si prevedono 49,8 milioni di presenze rispetto ai 43,9 milioni del 2022, ovvero una crescita del 13,4% (il dato nazionale è +12,2).
Allo stesso modo gli arrivi passerebbero da 12,3 a 14 milioni (+13,5% contro il +11,2% stimato per l’Italia). La Toscana, così, si conferma sul podio nazionale dietro al Veneto, dove sono attese 73,3 milioni di presenze nel 2023, e al Trentino, con 52 milioni. L’Emilia Romagna resta dietro con 42,8 milioni di presenze contro i quasi 50 milioni della Toscana che, tra le regioni che ricevono il maggior afflusso di turisti, è quella che — se i dati saranno confermati — mostrerebbe la crescita migliore.
E Montecatini? In città al momento è calma piatta, anche perché l’irrisolta crisi delle Terme frena qualsiasi iniziativa. Il rischio è che ci si accontenti di prendere “quel che viene” senza iniziative particolari. A Pasqua – cioè tra un mese – riaprirà la nuova stagione turistica e all’orizzonte non appare nessuna novità o progetto per attrarre turisti. La crescita prevista in Toscana sicuramente aiuterà anche una città-dormitorio come la nostra. Ma l’atteso rilancio chissà quando verrà!
Come ogni settimana, ho cercato nel web e sui giornali altre storie per chi voglia leggere ma soprattutto per chi voglia riflettere.
Buona lettura a tutti quelli che ci seguono.
(a cura di Mauro Lubrani)
I loro occhi, la nostra notte
Siamo qui, stretti sotto coperta in 150. È notte fonda. Attorno il mare rumoreggia, alzandosi. Ogni onda è più dura, geme di sfinimento l’assito marcio di questo vecchio barcone. Da quattro giorni siamo in mare, credevamo di avercela quasi fatta. Siamo sfiniti, affamati e fradici, ma vivi. Le donne abbracciano i più piccoli, promettono che all’arrivo ci sarà da mangiare, e un letto asciutto e caldo. Una ragazza allatta al seno un figlio di pochi mesi, assorta, come astratta dalla tempesta e dalla paura che le si alzano intorno. Il vento, lo sentiamo, incattivisce, il mare adesso urla. Chi si affaccia al boccaporto alla luce del primo quarto di luna, fra le nuvole, ne intravvede le creste spumose, bianche. Sembra una bestia ora il mare, e noi una miserabile preda.
Siamo iraniani, afghani. Siamo quelli cui impiccano i figli e le figlie, siamo i perseguitati dai taleban. Per questo, siamo partiti. Vi mettereste voi in mare in una carretta, d’inverno, con dei bambini piccoli, se non fosse la ultima vostra speranza?
Marina Corradi – da Avvenire del 2 marzo 2023
Il giornalista non ha amici
Avere fatto il direttore per dieci anni mi ha riempito la vita di cause civili e penali portate avanti da chi si è sentito diffamato da articoli scritti dai giornalisti delle testate che dirigevo. Una gran parte di queste querele – e questo è un male italiano – sono infondate e figlie della voglia di intimidire o di zittire le critiche. Una sentenza pronunciata questa settimana a Firenze è una boccata d’ossigeno, per me e per l’informazione.
Ogni anno viene pubblicata la classifica mondiale della libertà di stampa e l’Italia non è mai messa troppo bene, lo scorso anno è scivolata al 58esimo posto, dietro la Romania e ben lontana da Norvegia, Danimarca e Svezia (che occupano le prime tre posizioni) ma anche da Germania (16esima), Gran Bretagna (24) e Francia (26). Al fondo della classifica che viene stilata dall’organizzazione Reporter senza frontiere ci sono l’Iran, l’Eritrea e la Corea del Nord. Ma perché siamo messi così male? La risposta non è quella che molti vorrebbero sentire, ovvero che è colpa dei giornalisti che non fanno bene il loro lavoro, ma il contrario: la libertà di stampa è in crisi perché ci sono troppi cronisti minacciati dal crimine organizzato e sotto scorta, perché c’è un ricorso fuori misura alle querele, usate dai poteri politici ed economici per silenziare l’informazione, e infine perché la diffamazione in Italia è ancora un reato penale che prevede il carcere.
Mario Calabresi – Altre storie del 3 marzo 2023
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