Parole della domenica, Montecatini Terme terza in Toscana per presenze turistiche. C’è solo da migliorare
Montecatini Terme si conferma una delle mete turistiche più importanti della Toscana. Infatti, la nostra città nel 2023 – come ha evidenziato Gianluca Fiorini in un post su Facebook – si è piazzata al terzo posto, dietro Firenze (quarta in Italia) e Pisa, ventinovesima con 1,8 milioni di presenze. Montecatini Terme (trentaseiesima in Italia) con 1,5 milioni di presenze (da 1.182.000 del 2022) è terza in Regione. Firenze, con quasi 9 milioni di presenze (8,9 per la precisione), si ferma un gradino sotto il podio nella graduatoria dei comuni d’Italia più gettonati dai viaggiatori, alle spalle di Roma (37 milioni), Venezia (12,5) e Milano (12,4). Nell’anno in cui l’Italia segna il record storico di visitatori, con 133,6 milioni di arrivi e 447,2 di presenze, fra le locomotive che hanno trascinato in alto il sistema turismo del Bel Paese (in Europa solo Spagna e Francia hanno fatto meglio), c’è anche la Toscana. Soltanto il Veneto (71,9 milioni) e il Trentino-Alto Adige (55,2) hanno fatto meglio. Lo dice l’Istat, nell’ultimo comunicato dedicato ai flussi turistici nel 2023. I 46 milioni di presenze, che ha fatto segnare la Toscana lo scorso anno, valgono un +7,3% rispetto al 2022.
Quindi Montecatini ha un numero considerevole di turisti, anche se uno degli obiettivi deve essere quello di migliorare la qualità degli ospiti e prolungarne la permanenza. Non essere solo una “città dormitorio” ma tornare ad essere maggiormente attrattivi. La situazione delle Terme certo non agevola. Intanto, il prossimo anno a Roma ci sarà il Giubileo e arriveranno milioni di pellegrini. Firenze si prepara ad un boom di 10 milioni di ospiti in più, anche Montecatini potrebbe ottenerne dei vantaggi per tutto il comparto turistico.
I numeri sono dalla nostra parte, ma la città, grazie anche all’aggiunta dell’egida Unesco, ha un potenziale enorme da sfruttare.
Come ogni settimana, ho cercato nel web e sui giornali altre storie per chi voglia leggere ma soprattutto per chi voglia riflettere.
Buona lettura a tutti quelli che ci seguono.
(a cura di Mauro Lubrani)
Consumo del suolo, Toscana sotto la media nazionale
In Italia nel 2023 sono stati consumati 72,5 km quadrati di suolo, una media di 20 ettari al giorno, con un costo annuo stimato di 400 milioni di euro e scorrendo i dati del rapporto Snpa(Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) presentato ieri da Ispra la Toscana fa meglio della media nazionale ed è dodicesima per suolo consumato. Nel dettaglio non sono più verdi o agricoli a causa di cantieri ed interventi 142mila ettari di terreno, portando la quantità consumata al 6,19% , contro una media italiana del 7,16% e del Centro del 6,78%. Analizzando i Comuni capoluogo di regione o di provincia, Firenze ha perso 3,12 ettari nel 2023 ed i peggiori in Toscana sono stati Gambassi Terme con 22,76 ettari, Piombino con 21 e Certaldo con 14,33. Il consumo di suolo è concentrato sull’asse Firenze-Pistoia-Pisa e sulle aree urbane e secondo il rapporto la Toscana è la regione con più ettari di aree edificate in aree a rischio con oltre 10mila ettari, pari al 32% del totale di aree edificate. In Italia una spinta forte alla cementificazione è data dall’espansione della logistica e delle sue infrastrutture, ma i dati del 2023 sono leggermente migliori di quelli del 2022. «I dati — dice l’assessore al governo del territorio, Stefano Baccelli — mi sembra confermino le nostre politiche, tra le regioni produttive siamo tra le migliori per contenuto consumo di suolo. E se si leggono attentamente, dicono che in Toscana l’80% del consumo è reversibile, cioè riguarda cantieri, che occupano sempre un’area più grande di quella delle infrastrutture che si stanno realizzando, o casse di espansione, come nel caso di Gambassi. In generale la legge 65 sta dando i suoi effetti e lo farà ancora di più nei prossimi anni grazie alle sue semplificazioni». Proprio le infrastrutture sono uno dei maggiori fattori di cementificazione. «Si deve conciliare la tutela con il necessario sviluppo — risponde Baccelli — ed è positivo che si stiano facendo tante infrastrutture in questo periodo, anche grazie al Pnrr. Come è positiva la spinta alla riqualificazione degli immobili».
Mauro Bonciani – Corriere Fiorentino – 4 dicembre 2024
Sempre meno famiglie con figli
Dal 2011 al 2021 le coppie con figli conviventi si sono ridotte di oltre 1 milione e 200mila, con una tendenza al calo ancora più forte rispetto all’inizio del nuovo millennio (-507 mila dal 2001 al 2011). Sono diminuite anche le coppie senza figli conviventi (-3% rispetto al 2011) e sono aumentati invece i nuclei monogenitore, ovvero padri e madri soli con uno o più figli, che sono passati da circa 2 milioni 650mila del 2011 a più di 3 milioni e 800mila nel 2021 (+44%). Lo dice l’Istat in un report diffuso nei giorni scorsi. Le cause? Mutamenti nelle forme di vita familiare, contrazione della fecondità, aumento delle separazioni e dei divorzi, quindi crescente instabilità delle relazioni di coppia, prolungamento della durata di vita. Tutto giusto. Possiamo aggiungere ancora l’inefficacia delle politiche familiari e delle iniziative a favore della natalità – su cui abbiamo scritto fiumi di parole – ma anche due aspetti che invece vengono raramente accostati alle trasformazioni familiari: l’emergenza educativa e il maschilismo. C’entrano qualcosa? Eccome. Il maschilismo in particolare contiene il germe di ogni conflitto, non solo in ambito familiare. Nella violenza contro la donna si sviluppa la stessa dinamica che prepara e scatena la guerra: l’emarginazione, il disprezzo, il possesso, l’avidità, l’aggressione, la distruzione della vita. La “non cultura” del maschilismo nasconde un delirio di onnipotenza e una volontà distruttiva che rivela la gigantesca debolezza e l’immaturità di troppi uomini, mariti e padri. Accantonare il maschilismo significa invece avere cura delle relazioni in modo coerente e credibile, significa preparare la pace nella famiglia e, quindi, nella società. Significa educare al rispetto e alla tolleranza, all’inclusione e alla diversità. Perché la prima “diversità” che ogni maschio deve affrontare è quella relativa al femminile.
Avvenire – 1 dicembre 2024
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