Parole della domenica: Lucca vola nel turismo, Montecatini investe in promozione oltre un milione
Lucca vola nel turismo, grazie ad una serie di eventi in aggiunta a quelli tradizionali del Lucca comics e del Summer festival. l bilancio dei primi sette mesi dell’anno ha visto una crescita di pernottamenti in ogni singolo mese, a testimonianza di una comune strategia territoriale che mira ad eliminare la bassa stagione. Il Comune di Lucca conta nei primi 7 mesi ben 491mila pernottamenti, contro i 429mila del 2022, con un saldo positivo di +62mila, che corrisponde ad una crescita del 14,6%.
E Montecatini? Proverà ad inseguire. Il Comune, infatti, ha ottenuto un milione e 200mila euro, da destinare (fino a tutto il 2024) alla promozione, al rilancio del marchio della città, all’organizzazione di manifestazioni, e un piano strategico per attirare presenze, grazie al progetto, chiamato “Montecatini in movimento” presentato in occasione del bando per le realtà inserite nel patrimonio dell’umanità dell’Unesco, emanato dall’ex ministro Massimo Garavaglia e confermato dall’attuale titolare del turismo Daniela Santanchè.
L’impegno dell’assessore Alessandra Bartolozzi ha consentito di realizzare un progetto con il coinvolgimento di soggetti importanti per il turismo, come Alessandro Grassi, titolare dell’agenzia di comunicazione Grassi & Partners di Milano, e la società Bia, organizzatrice di vari appuntamenti in città. L’evento di lancio, sotto la direzione artistica di questa agenzia, si terrà il sabato 14 ottobre e includerà una giornata del Festival “Cosmica”, con una immersione nella natura e un pic nic nei prati del parco del Tettuccio, accompagnati da una selezione di artisti per rivisitare il ricco patrimonio architettonico, paesaggistico, naturale ed artistico di Montecatini e restituirlo in una chiave di lettura contemporanea. Il programma si aprirà con la partecipazione di Massimo Vitali, uno dei grandi protagonisti contemporanei della fotografia sociale a livello internazionale. L’artista realizzerà una foto negli spazi delle Terme Tettuccio, dove il pubblico è invitato a partecipare e diventare parte della storia.
La foto sarà poi stampata in grande formato e diffusa attraverso grandi affissioni pubbliche su tutto il territorio regionale, dal 30 ottobre al 15 dicembre.
Dunque, questa volta i soldi ci sono, l’importante è non fallire l’obiettivo, perché il rilancio della città non può più attendere.
Come ogni settimana, ho cercato nel web e sui giornali altre storie per chi voglia leggere ma soprattutto per chi voglia riflettere.
Buona lettura a tutti quelli che ci seguono.
(a cura di Mauro Lubrani)
Quella diga ci parla ancora
Scrivo da un paese che non esiste più: spazzato in pochi istanti da una gigantesca valanga d’acqua, massi e terra piombata dalla diga del Vajont. Circa tremila persone vengono date per morte o per disperse senza speranza (…). Un tratto dell’alta valle del Piave lungo circa cinque chilometri ha cambiato volto e oggi ricorda allucinanti paesaggi lunari. Due strade statali e una ferrovia sono state distrutte; pascoli, campi e boschi sono stati ricoperti di pietre e fango. È una tragedia di proporzioni immani. Tutto è accaduto in meno di dieci minuti…”. L’incipit di questo articolo di Giampaolo Pansa, che allora era un cronista della Stampa di soli 28 anni, è la prima cosa che ho letto quando ho cominciato a studiare giornalismo. Rimasi folgorato dalla chiarezza, dalle parole perfette e scolpite, dall’immagine che non si poteva dimenticare.
Il paese che non esisteva più era Longarone, un piccolo comune della vallata del Piave, a nord di Belluno. Cancellato dalle mappe la notte del 9 ottobre 1963. Mi sarebbe piaciuto leggere di più, capire come fosse stato possibile, ma non avevano ancora inventato Google e l’unica possibilità era andare a cercare in biblioteca. Non lo feci, ma pochi mesi dopo, fuori dall’università, sentii parlare di uno spettacolo teatrale che raccontava proprio la storia del Vajont. Nel passaparola non si riusciva a capire bene di cosa si trattasse: era uno spettacolo di teatro, ma non lo si poteva vedere a teatro. Sul palco c’era una persona sola con una lavagna e la storia che raccontava era vera. Ogni volta era in un posto diverso. Lo avevano fatto nei centri culturali, nelle fabbriche, nelle scuole e perfino negli ospedali. Era una cosa un po’ clandestina. Ci andai con un gruppo di amici, non ricordo dove fosse, nella mia testa ho solo la sensazione che fossi seduto per terra. Una cosa, però, la ricordo alla perfezione: era la cosa più potente che avessi mai visto e ascoltato. Un monologo di due ore e mezza in cui era impossibile distrarsi anche solo un attimo. Raccontava della costruzione della diga della Società Adriatica di Elettricità (SADE), un capolavoro di ingegneria, alta 261 metri, era una delle più avveniristiche del mondo.
Quell’uomo solo sul palco raccontava come, negli anni della progettazione e costruzione, fossero stati ignorati, sottovalutati, nascosti tutti gli allarmi su una possibile frana che poteva investire la diga. Quell’uomo solo sul palco si chiamava Marco Paolini, drammaturgo, regista, attore di teatro, che scrisse e interpretò un monologo che entrò nella storia del teatro e poi della televisione italiana.
Alle 22.39 del 9 ottobre 1963 un’enorme frana si staccò dal Monte Toc, cadde dentro il bacino artificiale del Vajont e sollevò un’onda d’acqua alta oltre venti metri, che si abbatté sui paesi che si trovavano nella valle sottostante, spazzandoli via: morirono 1.910 persone. Ricordo che Paolini disse che prima dell’acqua arrivò il vento, uno spostamento d’aria capace di distruggere tutto, e ricordo che pensai a Hiroshima.
Mario Calabresi – Altre storie
La festa dei nonni
Il 2 ottobre è stata la giornata mondiale dei nonni. Ad indagare sul rapporto nonni-nipoti, tra i più forti tra le relazioni familiari, è una ricerca realizzata da Swg per Deliveroo. Per quasi la metà dei nonni italiani, i nipoti sono un valido supporto per imparare ad utilizzare le nuove tecnologie. Per più della metà dei nipoti, il ricordo dei nonni è soprattutto legato ai racconti, agli insegnamenti ricevuti e ai sapori del buon cibo.
Secondo la ricerca, il legame tra nonni e nipoti rimane solido anche nelle società complesse: 6 nonni su 10 dichiarano di vedere i propri nipoti almeno una volta a settimana e quasi la metà mangia con loro almeno una volta ogni 7 giorni. Nel tempo, però, cambia il valore del legame: per i più adulti, infatti, il ricordo dei nonni è soprattutto legato ai racconti (64% delle risposte) e agli insegnamenti ricevuti (41%). Mentre i più giovani danno più valore alla componente esperienziale: dal 55% delle risposte fornite dagli under 35 emerge che il legame è associato ai sapori del buon cibo preparato dai nonni o dalle nonne e gustato insieme. Tra le evidenze della ricerca, inoltre, è interessante notare come proprio i più giovani, più spesso rispetto agli adulti, ritengano di aver imparato proprio dai nonni il senso dell’amore (30%). Anche per i nonni il valore delle esperienze dirette sembra acquisire sempre maggior peso: svago e giochi (51%) e pranzi insieme (41%) sono i principali elementi che descrivono le ore trascorse insieme ai nipoti. Ma sono le nuove tecnologie a creare un nuovo e diverso terreno di condivisione tra nonni e nipoti: per il 44% dei nonni, infatti, i nipoti giocano un ruolo chiave nella propria “digitalizzazione”, aiutando i nonni nella conoscenza e nell’utilizzo dei dispositivi elettronici.
Ma sapete perché la festa dei nonni è proprio il 2 ottobre. Nel calendario liturgico cattolico, è il giorno in cui si celebra gli Angeli custodi. La festa dei nonni come la celebriamo oggi è una ricorrenza civile nata negli Stati Uniti d’America e istituita con legge in Italia lo scorso 31 luglio 2005.
Maurizio Costanzo, La Nazione 2 ottobre 2023
Addio ad un cronista degli anni d’oro de La Nazione
Con Antonio Villoresi se ne va un altro tassello di quella cronaca di Firenze de La Nazione che negli anni 70, sotto la guida di un giornalista sanguigno e di grande capacità come Elvio Bertuccelli, era davvero un valore aggiunto perché sapeva coniugare professionalita, attaccamento alla testata assieme ad amicizia e gioco di squadra. Con Antonio e Fabio Negro eravamo i più giovani.
Ero entrato in punta di piedi nel 1973, chiamato da Bertuccelli che su segnalazione di Rodolfo Gattai, il braccio operativo del giornale a Palazzo Vecchio al quale devo moltissimo, aveva seguito il mio.lavoro di “abusivo”,(così si chiamavano i precari di allora) nella estrosa redazione di Nazione Sera che Athos Di Clemente forgiava a sua immagine e somiglianza, a caccia a volte spericolata di notizie.
Con Antonio ci fu intesa quasi subito, sapevamo di dover imparare da cronisti di razza e sapevamo anche di essere stati fortunati a lavorare fianco a fianco con loro. Nessuno ci guardava dall’alto in basso.
Giovanni Morandi che poi avrebbe spiccato il volo dalla cronaca per altri meritati traguardi, ha pubblicato un foglio di servizio del 1977. Era il foglio nel quale Bertuccelli segnava ogni giorno i settori da coprire. Ho scorso le presenze, molti di quei colleghi, ultimo in ordine di tempo Antonio, non ci sono più. Ho provato una grande nostalgia per quella stagione indimenticabile, per quella scuola di vita e di professione, per quella Nazione per la nostra Nazione. Ciao Antonio, collega e amico con una cuore grande e tanta umanità.
Pierandrea Vanni – Facebook del 3 ottobre 2023
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