Parole della domenica: lavori urgenti all’ippodromo Sesana, saltano le corse di primavera

Doccia fredda per l’ippodromo di Montecatini, che avrebbe dovuto riaprire i battenti nel prossimo mese di aprile. E’ stato il sindaco Del Rosso ad annunciare che “lavori fondamentali per garantire la sicurezza e il rilancio della struttura si svolgeranno da aprile a fine giugno 2025. Durante questo periodo, le corse saranno sospese, ma la società ha già richiesto al Ministero di recuperare le giornate nel secondo semestre, mantenendo invariato il numero totale di eventi previsti per il 2025”.
La decisione è stata presa dalla Snaitech, società proprietaria dell’immobile, sulla base delle linee guida definite dalla Commissione di Vigilanza della Prefettura.
Le cinque giornate di corse previste al Sesana in primavera (13 e 20 aprile, 1,10 e 17 maggio) da Montecatini vengono spostate all’ippodromo di Firenze.
Al Sesana, che rimane una delle attrazioni sportivo-turistiche della città, erano stati assegnati 28 convegni (numero invariato rispetto allo scorso anno ) per la 110° stagione di corse. I rimanenti 23 verranno spalmati fino al 25 ottobre, data del convegno di chiusura. Gli appuntamenti più importanti sono previsti sabato 12 luglio con il gran premio Nello Bellei, sabato 19 il Società Terme memorial Vivaldo Baldi, sabato 2 agosto con la tradizionale corsa delle pariglie ed infine l’attesissimo Gran Premio Città di Montecatini nella magica notte di Ferragosto.
L’auspicio è che non ci siano ritardi nello svolgimento dei lavori e che l’apertura possa essere effettuata senza ulteriore perdita di avvenimenti.
Come ogni settimana, ho cercato nel web e sui giornali altre storie per chi voglia leggere ma soprattutto per chi voglia riflettere.
Buona domenica a tutti quelli che ci seguono.
(a cura di Mauro Lubrani)
Il successo di “Acqua in bocca” al Tettuccio

E’ cominciata alla grande anche l’ottava edizione degli appuntamenti culturali di Acqua In bocca ma non troppo. Tanto pubblico ieri per l’incontro con Pietro Orlandi, che da anni si batte per conoscere la verità sul destino della sorella Emanuela. E allo stabilimento Tettuccio ha annunciato: “Riporterò a casa Emanuela viva o morta. Lo prometto”.
Si è registrato il tutto esaurito all’ incontro nel salone Portoghesi dello stabilimento termale Tettuccio di Montecatini Terme. Complimenti a Simona Peselli che ha ideato la manifestazione e ne è la brillante conduttrice. Quando qualcosa funziona, è giusto dargli i dovuti meriti.
Cinque anni fa il Covid e l’annuncio del lockdown

Sono passati cinque anni. Era l’8 marzo 2020, il giorno prima dell’annuncio del lockdown, quando la Toscana registrò la sua prima vittima del Covid, un 79enne al Cisanello di Pisa. Da allora nella nostra regione ci sono stati 1.669.284 casi ufficiali di positività e 12.744 vittime. Come se fosse scomparsa l’intera popolazione di Serravezza, di Montespertoli o di Montepulciano. Bollettini simili a quelli di guerra, medici impotenti che tentavano cure con farmaci per l’Aids, l’ebola o la malaria, cartelli a sostegno dei sanitari «eroi», gli «andrà tutto bene» alle finestre, i pazienti che morivano distanti dalle proprie famiglie, gli ospedali al limite di esplodere, gli hotel senza turisti diventati lazzaretti di isolamento, le file di bare ai forni crematori, gli italiani sbarrati in casa. «Un tempo che sembra lontanissimo», dice Vittorio Pavoni, primario della terapia intensiva di Ponte a Niccheri, «ma che a ben vedere è ancora di grande attualità, perché ci ha cambiati». Ma non abbastanza.
Cos’è stata la pandemia? Per chi era in prima linea, come il dottor Pavoni, alle prese con i pazienti intubati nelle fasi più gravi della malattia, l’essere spesso impotenti ha lasciato il segno: «Quelle vittime le porteremo con noi per tutta la vita. Quello che ci conforta è che ancora oggi, invece, molti dei sopravvissuti vengono a trovarci, a ringraziarci». Per i sanitari, le prime settimane di pandemia sono state anche una sfida terribile in prima persona, «perché non sapevamo come proteggerci, come evitare il virus», spiega David Nucci, presidente dell’Ordine degli infermieri di Firenze e Pistoia. «Però siamo anche cresciuti tanto dal punto di vista umano: con i pazienti che non riuscivano a parlare con i propri parenti, ci siamo inventati mille modi per metterli in collegamento, ma ci siamo dovuto anche fare carico della loro solitudine».
Giulio Gori – Corriere Fiorentino, 9 marzo 2025
Ciao Bruno Pizzul, voce del calcio più bello

“Mia madre Ada e mio padre Ferrino abitavano a Cormons, un paesino, ma quando arrivò il momento di mettermi al mondo, si trasferirono a Udine e chiamarono la levatrice in casa di parenti. Perché preferivano che nascessi in una città piuttosto che in un paese, dicevano che questo mi avrebbe aiutato da grande. Sono figlio unico, ma viziato mai. Mio padre mi ripeteva ‘Ma che studi a fare ? Quelli che studiano fanno un sacco di danno ’. Lui era morbido e permissivo. Quando giocavo a calcio a buoni livelli, mi incitava : ‘Vai via , vai via. Liberati dalle grinfie di tua madre’. Quando lui è morto, mia madre ha vissuto da sola a Cormons . L’andavo a trovare e non faceva che criticarmi : ‘Vesti come un barbone. E nelle partite parli troppo svelto, non si capisce cosa dici’.
Giocavo a calcio prima nel Cormons : al paese erano tutti col pallone e fui orgoglioso di essere stato eletto. Poi entrai nei boys della Pro Gorizia, mentre Bearzot era in prima squadra. Giocavo stopper, marcavo il centravanti. Un ruolo allora da suicidio, perché senza il libero, se l’avversario ti sfuggiva, era gol. Io , peraltro, ero bravo ma lento data la mia corporatura, 1.92 di altezza per 82 chili. Con la Pro Gorizia raggiungo la serie C, poi vado al Catania in B, altra soddisfazione perché fui acquistato per 5 o 6 milioni: ero in prova con un gruppo di giovani friulani fra cui un certo Burgnich. Presero me e scartarono lui. Ricordo un’amichevole Catania-Juventus in cui annullai John Charles che era della mia stazza. Io soffrivo gli attaccanti piccoli e svelti. Poi andai all’Ischia di nuovo in C. Ho interrotto la carriera di calciatore a 24 anni un po’ per un infortunio al ginocchio, un po’ perché mi rendevo conto di non avere grandi prospettive.
Basta calcio, meglio finire l’Università e servire la patria: sono stato ufficiale degli Alpini, lo dico con orgoglio. Divenni insegnante in una scuola di Gorizia: italiano, latino, storia e geografia. Portai i ragazzi dalla prima alla terza media e avevo la sensazione di fare qualcosa di costruttivo. Tre anni meravigliosi di cui ho molta nostalgia. E sono stato tra i primi a introdurre la lettura dei giornali in classe. I più graditi erano i giornali sportivi.
Un giorno l’edizione radiofonica regionale di Trieste bandisce un concorso per programmisti Rai : non si presenta nessuno. La Rai manda allora una lettera di invito a molti giovani laureati. Quando mi arriva, mi incuriosisce. Io sono pigro e indolente . Alla Rai non sarei nemmeno andato, ma è mia moglie che mi incita. Prova di cultura generale, prova scritta, esame attitudinale. Il presidente della commissione è il regista Sandro Bolchi che per non dirmi che non ero adatto a fare il programmista, mi informa che c’è un concorso per radio e telecronisti . Io avevo due figli e mi sembrava di fare un salto nel buio. Partecipo e trovo tutti concorrenti agguerriti : Angela Buttiglione, Claudio Ferretti, Bruno Vespa, Paolo Frajese, Nuccio Fava, Giorgio Martino e alcuni già interni alla Rai. E’ Paolo Valenti che mi sprona e mi dice che sono bravo e competente. Cominciamo in 32 e ne promuovono 18 : io sono tra questi”.
Franco Recanatesi – Corriere dello Sport
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