Parole della domenica, il turismo non trova una via di uscita: dopo la pandemia la guerra e l’inflazione
Il turismo aspettava la fine della pandemia per riprendersi una sua normalità. Invece, è arrivata la guerra che ha cancellato un filone turistico come quello russo-ucraino molto importante per Montecatini. Ora si aggiunge l’inflazione, l’aumento dei prezzi, lo spread in ascesa e tutto quanto ne consegue.
Intanto, consoliamoci, come scrive La Nazione, per il fatto che si registra a Montecatini un aumento illusorio delle presenze. Comunque, rispetto al primo trimestre del 2021 i dati dei pernottamenti di gennaio, febbraio e marzo fanno registrare forti incrementi piuttosto vistosi. A gennaio +118% di italiani e +457% di stranieri; a febbraio rispettivamente +75% e +602%, a marzo +171% e +2261%. Esultare sarebbe però fuori luogo. Il raffronto deve essere fatto per gennaio e febbraio sugli stessi mesi del 2020, quando ancora la pandemia non era scattata in Italia. Allora vediamo che le 17.412 presenze di italiani a gennaio 2022 stridono con le 23.006 di due anni fa; idem il raffronto fra le 3.376 di stranieri di quest’anno e le 23.346 del 2020. Stessa storia per febbraio: nel 2022 le presenze italiane sono state 16.369, due anni fa 20.163; per gli stranieri sono 5.779 ed erano 19.980.
Oggi alla luce della guerra in Ucraina, degli aumenti dell’energia e dell’inflazione pensiamo che le possibilità di spesa delle persone restino limitate. Così, viene da pensare che anche questa stagione – ormai la terza consecutiva – sarà caratterizzata da elementi esterni negativi.
Come ogni settimana, ho cercato nel web e sui giornali altre storie per chi voglia leggere ma soprattutto per chi voglia riflettere.
Buona domenica a tutti quelli che ci seguono.
L’exit strategy di Kissinger
C’erano soltanto tre giovani italiani, quell’anno (primi anni Sessanta) allo Harvard International Seminar voluto e diretto da Henry Kissinger. I tre italiani non si erano mai incontrati ma si conoscevano, perché tutti e tre pubblicavano e tutti e tre si leggevano. Il nome di Arbasino era il più noto perché un nuovo quotidiano di allora (Il Giorno) lo pubblicava con frequenza, e ti ricordavi dei suoi scritti perché c’era sempre un guizzo di divertimento nei suoi scritti. La Capria, di cui non conoscevo ancora il celebre nomignolo di Dudù, aveva un tono saggistico e inaspettatamente autorevole, scriveva poco e scriveva bene. Io ero molto attivo con articoli dall’America (dove allora vivevo) che Il Mondopubblicava, ogni settimana accanto o in alternativa ad Arbasino. Perché ognuno di noi, da angoli e progetti diversi della vita, si era iscritto allo “Harvard international Seminar” diretto da Henry Kissinger?
Furio Colombo – Anteprima Repubblica
ll talento di Gianni Clerici
Se oggi un adolescente mi chiedesse chi sia stato Gianni Clerici, gli direi: che cosa ti sei perso. Lui era la prova che il talento è come l’amore, un dono che può annidarsi in luoghi improbabili, per esempio nell’individuo più sbadato dell’universo. Clerici ha passato la vita a perdere tutto ciò che umanamente si può perdere — chiavi, biglietti, passaporti, biglietti dentro i passaporti — ma non ha mai perso la faccia e tantomeno sé stesso. Ciascuno di noi ha un talento, purtroppo pochi lo trovano e quasi nessuno, dopo averlo scoperto, lo accetta. Il talento di Clerici non era la tv, dove pure funzionava benissimo, ma la scrittura laterale, quella capacità innata di guardare un fatto da una prospettiva eccentrica per coglierne l’essenziale e tradurlo in una prosa limpida e magica. Lo scriba, come amava definirsi (non gli facevano difetto né l’autoironia né l’autostima), sosteneva che solo due accidenti gli avevano impedito di diventare Scott Fitzgerald: l’uso della lingua italiana, ignota oltre Chiasso, e l’identificazione con il tennis, di cui era il massimo cantore al mondo. Per molti intellettuali seduti, il giornalismo letterario sportivo è sempre stato un genere minore, anziché la prosecuzione di Omero. Clerici poteva anche dimenticarsi di scrivere chi avesse vinto la partita, ma la verità è che dopo aver letto il suo pezzo ti sentivi meglio.
P.S. Ciao Gianni, grazie di tutto. Mi chiamavi «Junior» e tale sarò sempre, sulle spalle di un gigante come te.
Massimo Gramellini – “Il Caffè” dal Corriere della Sera del 7 giugno 2022
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