Parole della domenica: congressi, un settore dimenticato ma di possibile grande aiuto per il turismo
Da oggi Montecatini ospita il Congresso Italiano di Esperanto. Si tratta di un evento di grande rilievo internazionale organizzato dalla Federazione Esperantista Italiana con il patrocinio del Consolato Onorario della Repubblica di Polonia a Firenze e Toscana. Il congresso si svolgerà fino al 31 agosto al Palazzo del Turismo e vedrà la partecipazione di 250 delegati provenienti da 21 Paesi. A Montecatini porterà circa duemila presenze ed anche ricchezza per l’indotto (negozi e ristoranti oltre naturalmente agli alberghi).
La manifestazione ripropone l’attenzione su un filone turistico che per tanti anni ha contribuito a portare grandi benefici economici in città in abbinamento al termalismo. Montecatini aveva ed ha tutte le caratteristiche per tornare ad essere protagonista nei congressi, anche se, come nel caso del termalismo, ci sarà da lavorare molto per ritornare ai livelli di un tempo e per battere una concorrenza che in questi anni si è fatta molto agguerrita.
Il congresso dell’esperanto verrà ospitato al Palazzo del turismo, che era una delle sedi di questo tipo di attività. Non dimentichiamo poi il Palazzo congressi che fu costruito da Tullio Pancioli e ormai inattivo da tempo, poi ci sarebbe un Auditorium della Provincia nell’immobile del liceo pronto da anni ma mai aperto con ingente spreco di denaro pubblico. Possiamo aggiungere la disponibilità per congressi di teatri, cinema, Palaterme e tante sale di varia dimensione di cui si erano dotati molti alberghi per migliaia di posti per tutte le esigenze.
Il settore dei congressi potrebbe fornire un immediato aiuto di sostegno al nostro turismo. Non dimentichiamolo.
Come ogni settimana, ho cercato nel web e sui giornali altre storie per chi voglia leggere ma soprattutto per chi voglia riflettere.
Buona lettura a tutti quelli che ci seguono.
(a cura di Mauro Lubrani)
Gli italiani scrivono tanto, ma leggono sempre meno
Come dico spesso, l’Italia è un Paese meraviglioso: tutti scrivono, ma nessuno legge. Gli ultimi dati sulla lettura fanno impressione: gli italiani sopra i 16 anni che leggono almeno un libro all’anno sono solo il 35%, un numero che fa dell’Italia il terzo peggior paese d’Europa.
I lettori forti (cioè quelli che leggono almeno 10 libri all’anno) sono appena l’11 per cento, un italiano su dieci. Le donne leggono di più: il 40 per cento di loro con almeno 16 anni ha letto almeno un libro nel 2022, mentre questa percentuale tra gli uomini scende al 30 per cento.
Siamo anche il Paese europeo che legge e acquista meno giornali: penultimi in Ue. E siamo al sest’ultimo posto in Europa per numero di lettori abituali.
Eppure, a fronte del calo dei lettori, siamo fra i Paesi dove si pubblicano più libri, il 99,9 per cento dei quali, tuttavia, non supera le cento copie.
Sono numeri che fanno rabbrividire e dimostrano come l’Italia, la culla del Rinascimento e di mille altre arti, sia ormai diventata un Paese ignorante (nel senso etimologico del termine, cioè che ignora perché non legge), che presume di sapere tutto ma non sa niente, dove il fumo – in ogni ambito, giornalismo compreso – vale molto più dell’arrosto (che spesso non c’è nemmeno).
Un Paese che non legge produce una società povera, senza idee, livellata verso il basso e senza alcuna aspirazione di migliorare se stessa.
La lettura, in fondo, permette di avere quelle ali che l’uomo non ha. E se non si vola, anche col pensiero, che senso ha il tutto?
Gigi Paoli (giornalista-scrittore) – post su Facebook del 22 agosto 2024
Un’Italia vecchia, tre volte debole
Il nostro paese soffre di tre grandi problemi che frenano lo sviluppo sostenibile e inclusivo, ponendoci in condizione di svantaggio competitivo rispetto alle altre economie mature avanzate.
Il primo è quello degli squilibri demografici. Tutto il mondo sta andando verso una natalità insufficiente a garantire un equilibrio nel rapporto tra vecchie e nuove generazioni. Esiste, in ogni caso, un’ampia differenza tra un paese come la Francia, che per lungo tempo ha mantenuto un numero medio di figli per donna vicino a due (recentemente sceso a 1,7) e l’Italia che da quarant’anni ha un valore inferiore a 1,5 (recentemente sceso a 1,2). Ne consegue che se la Francia si trova come l’Italia con una popolazione anziana in spiccato aumento, grazie alla longevità, può però contare su una forza lavoro potenziale che rimane solida, mentre quella italiana va verso una drastica riduzione per l’entrata in età attiva di generazioni via via sempre meno numerose. Nel suo intervento al Meeting di Comunione e liberazione, in corso a Rimini in questi giorni, il Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, ha affermato che nei prossimi quindici anni il numero di persone in età lavorativa si ridurrà di quasi 5 milioni e mezzo di unità. “Questa dinamica”, ha poi aggiunto, “rischia di avere effetti negativi sulla tenuta dei sistemi pensionistici, sul sistema sanitario, sulla propensione a intraprendere e a innovare”.
Alessandro Rosina – Avvenire, 23 agosto 2024
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