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Parole della domenica, aspettando il Dmo per il rilancio del nostro turismo

Parole della domenica, aspettando il Dmo per il rilancio del nostro turismo

La parola magica sembra essere Dmo (Destination Management Organization). E’ la struttura che gestirà la promozione turistica e la gestione degli eventi della città. Verrà finanziata con la tassa di soggiorno, che, con il previsto aumento, dovrebbe portare introiti al Comune per circa un milione e mezzo all’anno.
La Dmo, su cui Montecatini conta molto, sarà operativa dal prossimo anno e, nel mese di giugno, sarà possibile promuovere, ad esempio, le iniziative del Natale 2025.
Tutti – Comune e associazione di categoria – sono convinti che essere tempestivi a fare promozione può fare la differenza in un mercato molto concorrenziale. Il Natale, che qualche anno fa ci aveva visti protagonisti di primo piano, ora ci vede in ultima fila superati da molte città toscane e non tutte con peculiarità turistiche come la nostra.
Intanto, ci sarà da lanciare iniziative per le festività ormai alle porte e non sfigurare. La nuova amministrazione comunale guidata dal sindaco Del Rosso è al lavoro, ma sta già pensando più lontano. Il nuovo anno dovrebbe essere decisivo, quella della svolta per un turismo da troppo tempo in crisi e soprattutto sapremo il destino delle nostre Terme.

Come ogni settimana, ho cercato nel web e sui giornali altre storie per chi voglia leggere ma soprattutto per chi voglia riflettere.
Buona lettura a tutti quelli che ci seguono
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(a cura di Mauro Lubrani)

I limiti degli anziani

Montecatini aspetta il varo della Dmo (Destination Management Organization), che gestirà la promozione turistica e la gestione degli eventi

A 71 anni Borges scrisse: «Alla mia età si dovrebbe essere consapevoli dei propri limiti». Da parte mia sono consapevole dell’innumerevole elenco di cose che non so fare, ma ho il dubbio che i miei limiti non si trovino in quel catalogo.
Stanno invece all’interno delle cose che credo di saper praticare, perciò nella scrittura. So per esempio di non saper scrivere un poema. Per aggiungere un altro esempio ecco che le mie frasi sono brevi e non posso allungarle oltre il fiato necessario a pronunciarle. Finirebbero in debito di ossigeno.
Questi e altri impedimenti potrebbero costituire uno stile, ma nel mio caso rimangono dei limiti. Al di fuori del mio ristretto ambito mi accorgo di un’epoca inconsapevole di limiti, e insofferente. Si compiace di ambizioni e di affermazioni personali. Il successo è considerato una conferma, mentre è solo il participio passato del verbo succedere. L’epidemia stabilì un elenco di limiti. Lo impose la severa decimazione e la scarsezza di strutture sanitarie a ricezione limitata. Furono a lungo impoverite dai tagli di spesa, da governi di fiato corto e capacità di previsione zero. Non per virtù ma per necessità si è ricostituito un sentimento di appartenenza a una collettività aderendo a restrizioni e rinunce.
Indossare la protezione è diventato un atto civico oltre che di cautela personale. Non considero l’epidemia uno stato di eccezione, ma l’avvento di una nuova normalità. Contare sulla restaurazione di un’epoca spensierata è ipotesi che scarto. Preferisco frequentare la scuola dei limiti nuovi.
Erri De Luca, Avvenire, 12 settembre 2024

Abbiamo creato i libri ma ne compriamo pochi

C’è un paradosso tutto italiano, una passione non consumata, che si presenta tra maggio e settembre, insieme agli acquazzoni: il feticismo platonico per i libri. Andando a scomodare Aldo Manuzio, lo stampatore di Erasmo da Rotterdam, potremmo vantarci di averli inventati i libri, nella forma più moderna del «tascabile». Scavando — e a rischio di apparire egocentrici — potremmo anche raccontare di averli protetti quando erano dei bambini fragili, grazie al «privilegio di stampa». Potremmo anche produrre una lista che non teme confronti, quella dei libri che hanno cambiato la storia, a partire dal Liber Abbaci del Fibonacci del 1202 che introdusse la matematica e gli algoritmi (sic!) nella cultura occidentale. Ed eccoci nel girone infernale per la superbia: per un pelo non abbiamo imposto anche la tecnologia della stampa a caratteri mobili che il feltrino Panfilo Castaldi sviluppò in parallelo a Gutenberg. Qual è dunque il paradosso? È quello dei festival dei libri che attirano eserciti di professionisti della curiosità, della pazienza e delle file a Torino, Taormina, Mantova e Pordenone fino giù a Capo Vaticano, dove si è appena tenuto con ostinazione un appuntamento diretto dalla figlia Antonia dello scrittore di Male Oscuro, Giuseppe Berto. Passerà un mese e all’entusiasmo dei festival, vere e proprie risacche di resilienza e resistenza civile analogica, farà da contraltare il deserto angosciante delle librerie (almeno fino a Natale). Come se il popolo dei festival arrivasse da Marte, per sussurrarci dei titoli. E poi ripartire, speriamo almeno con i libri.
Massimo Sideri – Corriere della Sera, 11 settembre 2024

Il lavoro delle donne (al Tempo delle donne)

I numeri sulla partecipazione femminile al lavoro in Italia sono spaventosi, come scrive Lucrezia Reichlin: solo il 41,3% di quelle dai 15 anni in su (dati del 2023) ha un’occupazione, il tasso  più basso in Europa e di 10 punti sotto la media dell’Unione. Non solo, come hanno spiegatoGianna Fregonara e Orsola Riva, in nessun altro Paese le donne laureate guadagnano così poco rispetto ai loro colleghi maschi: il 58% dello stipendio degli uomini, mentre in media negli altri Paesi Ocse la differenza è del 17%. Ovvio che se il lavoro delle donne è così svantaggiato e svantaggioso, ha meno senso per loro lavorare.
Questa situazione porta anche al fatto che in Italia si facciano pochi figli: è la sicurezza di un buon lavoro a dare alle famiglie e in particolare alle madri la sicurezza di fare figli. Spiega Reichlin:
Se ci fossero condizioni migliori, la maggioranza degli intervistati (donne e anche uomini) risponde che farebbe 2 o 3 figli. Si può quindi pensare che anche per il lavoro sia cosí: se ci fossero condizioni migliori, le donne lavorerebbero e farebbero figli. Questa ipotesi è rafforzata dal fatto che i Paesi con prevalenza di lavoro precario sono anche quelli con la più bassa partecipazione al lavoro femminile e la più bassa fertilità. Inoltre, sia la partecipazione al mercato del lavoro sia la fertilità sono correlate positivamente con livello di istruzione e qualità del lavoro.
Corriere della Sera, 12 settembre 2024

A 700 anni dalla morte. Manoscritto del Milione di Marco Polo ritrovato a Foligno

A 700 anni esatti dalla morte dell’esploratore veneziano, nella biblioteca diocesana Ludovico Jacobilli di Foligno, in provincia di Perugia, è stato ritrovato il 145° manoscritto del Milione di Marco Polo. Finora ignoto, il testo contiene una traduzione dell’opera originale che gli studiosi identificano con la sigla VA, una versione realizzata entro il primo quarto del XIV secolo nell’Italia nord-orientale.
A contribuire al ritrovamento sono stati Fabio Soncin, dottorando dell’Università Ca’ Foscari di Venezia che ha segnalato il manoscritto dopo averlo visionato, e Samuela Simion, dello stesso ateneo, che ha riconosciuto la traduzione e svolto il lavoro di trascrizione. A fornire la prima descrizione, invece, è stato il bibliotecario Ivan Petrini: il volume quattrocentesco appare scritto da una sola mano, composto da 110 carte, privo di quelle iniziali e di alcune interne. Rientra fra la opere donate da Ludovico Jacobilli alla biblioteca fra il 1662 e il 1664, ma non si hanno informazioni sulla sua provenienza.
L’importanza del rinvenimento riguarda il testo VA. Tradotto più volte sia in latino che in volgare, le sue varianti sono presenti nella maggior parte dei manoscritti arrivati fino ai nostri giorni, rappresentando la versione del Milione più letta e diffusa in Europa. A questo si aggiunge un’ulteriore particolarità: questa traduzione è stata realizzata mentre Marco Polo era ancora in vita.
Il ritrovamento a Foligno è avvenuto a pochi giorni dal convegno “Marco Polo, il libro e l’Asia. Prospettive di ricerca vent’anni dopo”, organizzato dall’Università Ca’ Foscari a Venezia dall’11 al 14 settembre. L’iniziativa si inserisce tra le celebrazioni per i 700 anni della morte dell’esploratore, promosse dal Ministero della Cultura con il sostegno di Rai Veneto e Rai Storia. Tra le attività spicca anche la pubblicazione della prima edizione digitale dell’opera, resa accessibile dall’ateneo veneziano agli studiosi di tutto il mondo.
Erica Vailati – Avvenire, 13 settembre 2024

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