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Parole della domenica, anche il golf ora sembra a rischio. Non si salva niente degli investimenti di un tempo

Parole della domenica, anche il golf ora sembra a rischio. Non si salva niente degli investimenti di un tempo

Ora che anche la società per azioni Pievaccia, proprietaria del Golf di Montecatini, sembra destinata a una fine simile a quella delle Terme, ci si chiede cosa resterà di tutto quello che lungimiranti imprenditori montecatinesi avevano realizzato.
Il Golf fu costruito circa 40 anni fa da un gruppo di albergatori su un terreno di proprietà dell’allora Azienda di cura e soggiorno situato nel comune di Monsummano. L’investimento fu ingente con la prospettiva di attrarre un tipo di turismo nazionale e internazionale di qualità. L’intera struttura è molto bella, organizza gare importanti su un percorso di 18 buche difficile e affascinante al tempo stesso ma i costi di manutenzione sono elevati.
Crediamo che il Montecatini golf debba rimanere un fiore all’occhiello della città, se si vuole tornare ad attrarre un turismo di qualità. Dobbiamo farlo anche nel ricordo di quelle persone che nella Pievaccia hanno investito per il bene di Montecatini, come gli imprenditori di un tempo erano soliti fare.
Erano uomini con tanta concretezza e poche chiacchiere. Oggi rimangono solo tanti discorsi e tante inutili polemiche.

Come ogni settimana, ho cercato nel web e sui giornali altre storie per chi voglia leggere ma soprattutto per chi voglia riflettere.
Buona lettura a tutti quelli che ci seguono
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(a cura di Mauro Lubrani)

Servizio sanitario a rischio

«È necessario un piano straordinario di finanziamento del Servizio sanitario nazionale» perché «la spesa sanitaria in Italia non è grado di assicurare compiutamente il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e l’autonomia differenziata rischia di ampliare il divario tra Nord e Sud d’Italia in termini di diritto alla salute». È un appello accorato quello sottoscritto da alcune note personalità della scienza per mettere in salvo il futuro di «una delle più grandi conquiste della Repubblica», quel «Servizio sanitario nazionale (Ssn), che ha contribuito significativamente a migliorare prospettiva e qualità di vita e a ridurre le disuguaglianze socioeconomiche».
A firmare il testo 14 scienziati, tra i quali Silvio Garattini, Franco Locatelli, Alberto Mantovani, il Nobel Giorgio Parisi… Oggi «i dati dimostrano che il sistema è in crisi: arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle diseguaglianze regionali e sociali». Al finanziamento del Ssn nel 2025 sarà destinato il 6,2% del Pil, meno rispetto a 20 anni fa, un livello distante dagli «standard dei Paesi europei avanzati (8% del Pil)». È vero che «il pubblico garantisce ancora a tutti una quota di attività (urgenza, ricoveri per acuzie)» ma «per il resto (visite specialistiche, diagnostica, piccola chirurgia) il pubblico arretra, e i cittadini sono costretti a rinviare gli interventi o indotti a ricorrere al privato».
Francesco Ognibene – Avvenire, 3 aprile 2024

Sanità italiana da rifondare, l’ultima chiamata

L’appello di 14 tra i più importanti scienziati italiani a salvare il Servizio sanitario nazionale (Ssn) è l’ultima chiamata per non far collassare in modo definitivo la nostra più grande opera pubblica, che a partire dal 1978 ha contribuito in modo decisivo allo sviluppo economico e sociale del Paese portando l’Italia ad avere una delle aspettative di vita alla nascita più alte al mondo.
Prima del 1978 la mancata sicurezza del parto determinava la morte di 20 bambini su 1.000 prima dei 28 giorni di vita e di 30 prima dell’anno: oggi abbiamo livelli di mortalità neonatale e infantile tra i migliori al mondo. Ma questi risultati non sono definitivi, e la mancata collocazione della salute e della sanità tra le priorità politiche e finanziarie può compromettere in modo drammatico gli indicatori del nostro Paese. In realtà questo sta già accadendo nelle regioni meridionali e nelle aree rurali, dove le condizioni assistenziali sono già compromesse, ma il problema si sta allargando rapidamente a tutto il Paese.
Non è facile descrivere sinteticamente la tragedia della involuzione del Ssn e dei danni che questo sta già apportando alla vita dei cittadini, ma alcuni numeri aiutano a rendere l’idea.
Siamo ormai gli ultimi tra i Paesi del G7 e tra gli ultimi dei Paesi dell’Ocse per finanziamento sanitario pro capite: meno di 3.000 euro l’anno a fronte dei 7.300 euro della Germania e dei 6.115 della Francia (fonte Kff Health System Tracker).
A fronte di investimenti così esigui le strutture e il personale sanitario sono spaventosamente inadeguati. Negli ultimi venti anni siamo passati da 770 a 516 ospedali pubblici e il numero dei posti letto ogni 1.000 abitanti è passato dai 5,8 del 1998 ai 3,1 del 2022 (la Germania ne ha 8, la Francia 5) determinando l’impossibilità di ricoverare tempestivamente una popolazione che è sempre più vecchia e malata.
Mancano 40mila medici, tra ospedalieri e medici di medicina generale, e 65mila infermieri. Ci sono 10 milioni di prestazioni urgenti in arretrato. 4 milioni di persone rinunciano a curarsi a causa delle liste di attesa e dei costi da sostenere per rivolgersi al privato e 2 milioni di persone si indebitano per curarsi.
A causa delle condizioni di lavoro nei pronto soccorso, metà delle borse di specializzazione per l’emergenza-urgenza non vengono assegnate e quindi non abbiamo più medici di emergenza.
Nel 2025 il finanziamento del Ssn sarà pari al 6,2% del Pil, una percentuale inferiore a quella di vent’anni fa. Ma il dato più impressionante riguarda il personale: abbiamo 97,4 operatori sanitari per 10mila abitanti (37,7 operatori in meno rispetto all’Austria, considerata best performer in Europa).
Walter Ricciardi – Avvenire, 5 aprile 2024

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