Parole della domenica, a Livorno una mostra su Annigoni che sarebbe stata bene anche a Montecatini
A Villa Minbelli a Livorno si terrà una grande mostra dedicata al Maestro Pietro Annigoni. Tra i quadri esposti ci sarà anche il famoso ritratto alla regina Elisabetta che incoronò il pittore fiorentino come “Il pittore delle regine”. E’ quanto ha scritto suo social il giornalista Gabriele Galligani, che prosegue: “Ma Annigoni non fu solo un grande ritrattista ma uno dei maggiori artisti del Novecento italiano che aderì al gruppo dei pittori “della moderna realtà”, corrente che andava controvento rispetto alle spinte astrattiste e più avanguardiste del periodo. Per la Valdinievole è sicuramente un’occasione persa. Annigoni infatti ha lasciato una sua impronta importante nel nostro territorio con il ciclo di affreschi nella chiesa di Ponte Buggianese. Il Maestro è stato per anni a Ponte, paese dove si sentiva a casa e amava passeggiare in Padule. A Montecatini si trovava poi un’altra opera tra le più significative della sua produzione, “Vita”. Quadro che all’epoca fece molto discutere per l’inserimento di una lattina della Coca-Cola sulla croce al posto della tradizionale scritta Inri.
Ecco perché la mostra di Villa Minbelli avrebbe potuto benissimo trovare posto a Montecatini o in Valdinievole. Ma qui si apre un altro problema: anche se qualcuno l’avesse pensata esiste oggi un luogo nel nostro territorio per ospitare una mostra del genere? Temo di no e aspettiamo con fiducia che tra gli stabilimenti termali attualmente dismessi uno venga destinato a centro permanente per mostre e archivi, come annunciato. Si era parlato anche di un centro espositivo al palazzo di Bellavista. Vedremo. Intanto complimenti ai curatori della mostra di Villa Minbelli che resterà aperta fino al 15 marzo”.
Un premio Nobel da anni in carcere in Iran
Narges Mohammadi ha appena ricevuto il premio Nobel per la Pace. Ma al suo posto c’era una sedia vuota. Il suo corpo è in una prigione iraniana, ma la sua voce si sente ancora forte e la fa sentire chiara sul giornale, in un’intervista esclusiva, Greta Privitera. Eccone un brano:
«Stare lontano da un figlio è il dolore più atroce che si possa immaginare. Il primo arresto è avvenuto quando Ali e Kiana avevano 3 anni e 5 mesi. Sono stata in isolamento, in un reparto di massima sicurezza. Non c’erano telefonate, né visite, non sapevo nulla di come stavano i miei bambini ero tormentata. Ogni volta che penso a quel periodo, non posso credere di essere sopravvissuta a così tanta pena. Poi è andata anche peggio». Cioè? «La seconda volta che mi hanno arrestata e messa in isolamento, Kiana e Ali avevano 5 anni e Taghi era scappato a Parigi. In cella non facevo che pensare alla solitudine, all’impotenza dei miei figli, così piccoli così soli: era insopportabile. Mi sono salvata solo grazie alla mia fede nella libertà per ogni essere umano. Così la sofferenza non diminuisce ma trova un senso».
Per darle ancora più senso servirebbe un intervento della comunità internazionale, come spiega: «È importante che il mondo veda e riconosca la nostra lotta e i cambiamenti nella società iraniana. Mi aspetto che i governi stranieri e l’opinione pubblica globale garantiscano i diritti umani e il processo di democrazia in Iran».
Greta Privitera – Corriere della Sera 16 dicembre 2023
Come ogni settimana, ho cercato nel web e sui giornali altre storie per chi voglia leggere ma soprattutto per chi voglia riflettere.
Buona lettura a tutti quelli che ci seguono.
(a cura di Mauro Lubrani)
Bollicine di fine anno, boom di vendite
Tra Natale e Capodanno si stapperanno nel mondo (in quella parte di mondo senza guerre e che se lo può permettere) 333 milioni di spumanti. Le vendite sono salite del 24 per cento in quattro anni a conferma del grande interesse che suscita.
Le bottiglie italiane sono sempre più richieste, a partire dal prosecco. Una storia che in Italia comincia da tre padri nobili: Carlo Gancia, Giulio Ferrari e Antonio Carpenè. Una storia che continua con sempre maggiore successo in Italia e nel mondo.
Quello che l’autunno ci dà
Dà da pensare che sia l’autunno, questa fragile stagione ormai sul finire, a prenderci ogni anno per mano e a introdurci in una trama sfumata di colori che sono poi così vividi. Che sia questa fragile stagione, questa specie di musica volante che accompagna visibili e invisibili congedi, a presentarci quella che può ancora essere l’intensità, la sensorialità e il fulgore. L’autunno ci ricorda che tra i colori e la vita c’è una relazione ineludibile. Il mondo viene a noi attraverso l’alfabeto (cromatico, sensoriale, spirituale) dei colori, e anche quando cediamo alla tentazione di descrivere la vita in forma monocromatica, come se la realtà si adeguasse a un semplicistico bianco e nero, non possiamo nascondere che l’evidenza è un’altra. I colori non ci insegnano soltanto a guardare alla vita con attenzione maggiore, ma amplificano le competenze di un altro senso: quello dell’ascolto. Dovremmo accostare ogni colore al nostro orecchio e accettare l’incontro con la storia che in esso è raccontato, distinguendo il suo cangiare e le sue trasformazioni.
C’è tutta una sociologia che può essere costruita a partire dai colori e, allo stesso tempo, una sorta di storia privata, dimemoir intimo, solo nostro, attraverso mille variazioni.
Ognuna di queste parla dei colori a modo suo, mescolando esperienze, collegandosi a emozioni, muovendosi di qua e di là nella sorpresa di ciò che ai nostri occhi si manifesta.
José Tolentino Mendonça – Avvenire 14 dicembre 2024
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