Le parole della domenica al tempo del virus: storie di Resistenza di 75 anni fa e dei giorni nostri
La fase uno sta per lasciare il posto alla fase due. La situazione in Italia è leggermente migliorata, ma non siamo fuori dal tunnel. Appena si intravede un raggio di luce in lontananza. I timori sono tanti per un possibile “liberi tutti” che ci ridia parte della libertà perduta, ma che possa riportarci a rischi imprevedibili di un aumento di contagi.
E’ tempo di Resistenza: quella di 75 anni fa celebrata in Italia con cerimonie senza pubblico e con i canti di “Bella ciao”, canzone diventata ormai un inno mondiale, e la nostra resistenza di tutti i giorni per combattere e cercare di sconfiggere un nemico invisibile che ha fatto migliaia di vittime.
Così, ho continuato a cercare – nel web e fuori – parole che possano darci un segno di speranza e che rasserenino un po’ il nostro cuore. Per chi voglia leggere ma soprattutto per chi voglia riflettere.
(a cura di Mauro Lubrani)
L’ADDIO DEL SACERDOTE AI SUOI GENITORI
“Babbo e mamma,
state tranquilli – sono sereno in quest’ora solenne. In coscienza non ho commesso delitti. Solamente ho amato come mi è stato possibile. Condanna a morte – primo: per aver protetto e nascosto un giovane di cui volevo salva l’anima. – secondo : per aver amministrato i sacramenti ai partigiani, e cioè avere fatto il prete. Il terzo motivo non è nobile come i precedenti – aver nascosto la radio.
Muoio travolto dalla tenebrosa bufera dell’odio io che non ho voluto vivere che per l’amore!
‘Deus Charitas est’ e Dio non muore. Non muore l’Amore!
Muoio pregando per coloro stessi che mi uccidono. […].
Il povero Don Aldo Mei, indegno parroco di Fiano”
(Aldo Mei, 32 anni, sacerdote. Di Lucca. Arrestato nella Chiesa di Fiano subito dopo la celebrazione della Messa. Condannato dal comando tedesco di Lucca per aver nascosto nella propria abitazione un giovane ebreo.
Fucilato il 4 agosto 1944)
da un post di Samuele Bertinelli – ex-sindaco di Pistoia
SIRIO MACCIONI: ITALIA, TOSCANA E MONTECATINI NEL CUORE
Io vivo negli Stati Uniti e viaggio spesso per il mondo ma ritengo che avere il senso delle proprie origini sia fondamentale. Significa avere una “casa”, un luogo a cui sono legati i ricordi, non solo dei tuoi cari, ma anche della gente e del modo di vivere che ha contrassegnato generazioni della tua famiglia. Per questo io mi sento prima di tutto italiano, toscano e montecatinese. Poi, dopo, anche americano”
Sirio Maccioni – proprietario de “Le Cirque” NY (1932-2020)
UN NUOVO LINGUAGGIO
Abbracci, baci, pacche sulle spalle e strette di mano ormai sono gesti quasi dimenticati. E i sorrisi? Non ne sentite la nostalgia? Io ci penso ogni volta che incontro uno sconosciuto, al supermercato, per lavoro, lungo la strada mentre – ormai con naturalezza – si cambia marciapiede per mettere più distanza tra i nostri corpi. Io sorrido spesso ma l’altro non se ne accorge quasi mai. Oggi ho fatto un esperimento. Sono entrata nel panificio e alla commessa l’ho proprio detto: “Buongiorno e …un sorriso. Le comunico che glielo sto facendo sotto questa mascherina”. Il messaggio è passato ma io non sono rimasta soddisfatta. Ci serve un nuovo codice.
Ilenia Reali – giornalista – da Il Tirreno 15-4-2020
GIU’ LE MANI DAGLI ANZIANI
Articolo uno delle fasi due, tre, quattro e successive: giù le mani dagli anziani. Non provateci neanche a relegare per un tempo indefinito i vecchi nelle loro case, non pensateci neanche ai vecchi al semiergastolo domiciliare. Tutti fuori e gli over 70 chiusi a chiave fino a settembre? Archiviatela come una battuta. In Italia, per fortuna, c’è una Costituzione che vieta le discriminazioni di interi gruppi, in blocco, colpiti per il solo fatto di esistere? Possibilità di arrivare in manette domiciliari fino a Natale, come ha ipotizzato la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen (che tra l’altro ha 62 anni, e sta sempre fuori di casa)? Una barzelletta macabra. Da notare che i vecchi — chiamiamoli così, i vecchi, come quelli finiti nell’ecatombe delle Rsa — non sarebbero nemmeno i contagiatori, gli «untori» da tenere isolati in quarantena, ma i contagiati, i fragili da tenere chiusi nello sgabuzzino per consentire agli altri di muoversi senza preoccupazioni. Dunque, basta, chiuso il discorso: i vecchi potranno uscire quando potranno uscire tutti gli altri, la Costituzione che sancisce l’uguaglianza dei cittadini non verrà strappata.
Pierluigi Battista – giornalista (da “Il Corriere della Sera” del 20/4/2020)
LA SOLITUDINE A CIGOLI DI SAN MINIATO…
In questi giorni Sergio mi sei venuto spesso alla mente, mi ricordo la prima volta che mi hai dato un passaggio su una vecchia Land Rover. Stavo camminando su una strada sterrata che portava alla “tua” cava, per poi raggiungere un sentiero che mi avrebbe accompagnato ai piedi di una piccola parete che in solitaria avrei scalato. Non immaginavo minimamente, dopo poco tempo, di rivederti e negli anni seguenti di venire assieme a te in montagna a camminare, tu da vero alpinista eri un Maestro per me. Come non ricordare quando una sera mi invitasti a casa tua ad Arni per farmi conoscere la tua famiglia. Quella stessa sera mi raccontasti che il tuo bisnonno, il tuo nonno e tuo padre erano scomparsi a causa della silicosi: la “malattia dei cavatori”. Sai Cesare, mi dicesti, qui non abbiamo altro che le cave, io so fare solo il cavatore… Io sin da giovanissimo so fare solo il cameriere, lo sguattero di cucina, l’aiuto barman, il portiere, il receptionist… e dopo una lunghissima gavetta il direttore, le mie case sono sempre stati gli alberghi.
In questi giorni un anniversario mi ha ricordato i miei meravigliosi vent’anni trascorsi qui a Cigoli alla Villa di Castelvecchio – Sonnino. Un anniversario tristissimo pieno di preoccupazioni e di un silenzio che ti trafigge il cuore. Abituato al telefono che suonava in continuazione, ai clienti dell’albergo che dalle ore 18 piano, piano arrivavano, al profumo che veniva dalle cucine, alla spesa che giornalmente facevamo, ai matrimoni, ai congressi, etc…
Adesso c’è un gran vuoto. Tu Sergio mi avresti detto: “Cesare mi raccomando vai in montagna ma sempre in sicurezza!” In sicurezza spero potremmo riaprire quanto prima. Io so fare solo questo di lavoro… come pure molti di noi qui dentro. Comunque il lato positivo è che trascorro i miei giorni assieme ai miei bellissimi nipotini Niccolò e Lorenzo di 5 e 2 anni… giochiamo… ed aspettiamo che il vento porti via il virus…
Cesare Andrisano – Direttore hotel
CONVERSAZIONE AL TEMPO DEL CORONAVIRUS
Mi dispiace di non aver consigli da dare o comportamenti da difendere in quest’emergenza che è capitata al mondo tra capo e collo, magari con qualcuno che ora dice l’avevo detto io che la natura si sarebbe ribellata agli scempi dell’uomo, e avrebbe colpito proprio lì, dove c’è il serbatoio dell’aria che serve per far girare la macchina. L’aria di casa, dove tutti noi siamo immersi, ha un sapore diverso da tutti gli altri, bella forza direte voi, vuoi mettere una bella passeggiata in un parco o un aerosol con i gas di scarico delle macchine? In casa hai voglia a pulire e strusciare, ora che ci stiamo h24, come si dice con formula orrenda, la polvere entra lo stesso nel naso e in bocca, ma c’è polvere e polvere.
I collegamenti che passano in televisione via streaming con le persone più disparate ce le raccontano più che se le conoscessimo da anni: avete visto che quasi tutti hanno una libreria sullo sfondo, più o meno fornita, i medici avranno tomi scientifici, i letterati romanzi, i professori i classici della letteratura, le persone senza aggettivi un po’ di tutto, compreso libri di cucina, di viaggi, e qualcuno, perché no, raccolte di poesie. Ebbene, ora che possiamo fare poco d’altro, è il caso che togliamo un po’ di polvere da quei libri e magari ci rileggiamo I promessi sposi o La montagna incantata, due libri che raccontano tutta la nostra situazione attuale.
La pestilenza di Manzoni è provvidenziale e magari lo è anche quella che ci sta ora intorno, con i camion militari delle bare verso gli inceneritori come i carri dei monatti verso le fosse comuni. Sapevate che anche allora i medici si mettevano una specie di mascherina che terminava a becco con profumi all’interno per contrastare i miasmi della malattia? E gli infettati erano chiusi in casa, anzi sbarrati senza rimedio? Non è che ci consoli sapere che quattro secoli sono passati quasi invano e l’uomo ha imparato davvero poco dalle esperienze: lo vedete, quando capita un terremoto, un’inondazione, tutti si precipitano a pensare a provvedimenti e soluzioni salvo poi ricascarci come allodole la volta successiva. Speriamo che questa tremenda lezione serva a qualcosa.
E poi se ce l’avete in casa ridate un’occhiata a La montagna incantata. Un sanatorio sui monti, isolato da tutto, è lo scenario del racconto di Thomas Mann. Non c’è tristezza nella storia, ma malinconia; i pazienti con poche possibilità di movimento sono come sospesi, un po’ come capita a tutti noi ora. Dialoghi impalpabili, rapporti mediati dai medici, un po’ come per noi adesso. E per noi adesso anche andare per strada a comprare il pane ci sembra un’avventura e i pochi passanti vanno scansati e il bottegaio chissà se è sano. Parola d’ordine: diffidare.
E poi c’è un altro problema che non so davvero come potranno (potremo) risolvere, un problema collaterale, sussidiario, di sicuro infinitesimamente minore della tragedia delle migliaia di morti, dei medici e degli infermieri caduti sul campo, ma insomma dovremo pur tornare prima o poi a fare quello che facevamo. Ieri sera dalla Scala di Milano hanno trasmesso per televisione l’opera di Verdi “Attila”. Cento interpreti sul palcoscenico, scene di massa debordanti, lotte, abbracci, baci, sangue, e non so quante centinaia di spettatori, l’orchestra a contatto di gomito e Riccardo Chailly tutto sudato sul podio. In alto sul teleschermo, la scritta che ci perseguita da più d’un mese “Programma registrato prima dell’entrata in vigore del DPCM 4.3.2020”. Quando ci sarà un altro “Attila” così? Come faranno a riaprire i teatri, le sale da concerto, i cinema, come o quando potremo tornare a sederci intorno a un tavolo a meno di un metro, scambiarci una stretta di mano, dare un bacio a un figlio o a un nipote? Io di certo non lo so, ma vorrei a giugno andare da mia figlia che mi renderà nonno, ma lei abita all’estero e per allora voleranno gli aerei, avrà ricominciato a volare la speranza?
Roberto Pinochi – scrittore
QUELLE DIECI EURO CADUTE A TERRA
Li vedi pensierosi nel fare la spesa e guardare il display della bilancia quando pesano ciò che di più economico sta nel banco frutta. Guardano i vassoi già preconfezionati di carne e scelgono il meno costoso. Prendono il latte in offerta senza guardare la marca e così la pasta. Arrivano alla cassa con i soldi contati e qualche volta, per la vergogna, dicono che pensavano che avessero preso più soldi..ma,
in realtà, di soldi ne hanno ben pochi e hanno sbagliato i calcoli che fanno a mente mentre si dirigono alla cassa e, vergognandosi, rossi in volto, per 27 centesimi che non hanno devono lasciare qualcosa… ?
Allora interviene il vero lato umano di noi italiani; “Signora, scusi, le sono cadute 10 euro”. La signora sembra sorpresa. Guarda a terra e vede una banconota da 10 euro. Non sa che fare. È troppo onesta per dire che è sua. Ha 70 anni e non ha mai rubato nulla. Ha le mani piene di calli e i vestiti non alla moda, consumati, ma firmati di lavoro onesto e profumati di pulito. Mi piego, raccolgo i soldi e le dico: “Signora, le sono cadute quando ha preso gli altri soldi”. Mi guarda felice. Paga e uscendo ci sorride. Un uomo che ho accanto mi guarda e dice: “grazie”. Lo guardo e sorrido. Ho capito. Quelle 10 euro le ha fatte scivolare a terra quel signore in giacca e cravatta. Poteva dire “pago io ciò che manca alla signora”. Invece ha dimostrato di avere a cuore la sua dignità.
Grazie Signore per averci fatto diversi.
Umbero Langianni – medico e musicista
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