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Luca Lubrani
L'
ippica e l'ippodromo di
Montecatini hanno perduto l'ultimo re.
All'età di 84 anni è morto Vivaldo Baldi, una
delle leggende del trotto italiano e uno dei più
grandi personaggi degli ippodromi italiani. La carriera di
Vivaldo, il più famoso della lunga dinastia dei Baldi
e figlio di Omero detto «Cincerina», è
stata lunghissima.
Il primo successo importante arrivò con Scrivia nel
'42 nel premio Toscana, l'ultimo gran premio è del
1987 con Eliano nel Due Mari a Taranto. In mezzo anche un
incidente in allenamento in cui rischiò la vita e che
incise per sempre sul suo volto segnato da una profonda
cicatrice.
In carriera Vivaldo ha superato quota cinquemila vittorie.
Memorabili le sue sfide con Sergio Brighenti negli anni '60,
degne dei duelli fra Coppi e Bartali. Brighenti guidava il
«biondo» Tornese, Vivaldo, Crevalcore, il cavallo
«nero come la notte». Tanti i cavalli passati
nella sua scuderia. Fra i più noti Birbone, Checco
Pra, The Last Hurrah, e più di recente Enriquillo,
Fedone, Eliano. Per un certo periodo ha avuto in allenamento
anche Delfo, il grande ribelle. Con le sue mani magiche il
campione indigeno seppe vincere il Campionato Europeo.
Vivaldo Baldi in corsa era astuto come pochi e sapeva
guidare al millimetro. Faceva spettacolo anche quando
perdeva. Una volta con Crevalcore tentò
l'International Trot a New York, quello che veniva
considerato il campionato del mondo. Crevalcore
sbagliò in partenza e perse parecchi metri,
però incitato da Vivaldo fu autore di un recupero
eccezionale. Arrivò secondo a pochi centimetri dal
franco-olandese Hairos II che avrebbe dovuto essere
squalificato per andatura irregolare negli ultimi metri. Gli
appluasi degli americani furuno tutti per lui.
La corsa cui Vivaldo ha legato maggiormente il suo nome
è stata quella più famosa del nostro trotto,
il Lotteria di Napoli. «Diecione» l'ha vinta
cinque volte: con Birbone ha siglato le edizioni del '52,
'53 e '55. La prima vittoria fu memorabile, dietro a Vivaldo
giunse secondo suo padre Omero con Agrio. Spesso, infatti,
padre e figlio correvano insieme, nella stessa corsa
aiutandosi tatticamente e per gli avversari non c'era
storia. tanto che il driver russo Finn, uno dei più
forti dell'epoca diceva: «Un Baldi si può anche
battere, due no». Poi altra doppietta nel '78 e nel '79
con l'americano The Last Hurrah. Dopo ogni successo
memorabili le cene dal ristorante «Zi Teresa» di
Napoli con tutti i sostenitori che arrivavano appositamente
dalla Toscana per seguirlo e per applaudirlo.
Altra corsa cara a Diecione il Campionato Europeo a Cesena,
vinto per ben sei volte, due con The Last Hurrah e Birbone e
una con Delfo e Crevalcore.
Nella corsa di casa - il gran premio Città di
Montecatini - ha trionfato per ben sette volte. Nel suo
palmares anche il titolo di campione italiano guidatori e
tanti successi nei gran premi italiani.
Crevalcore è stato forse l'allievo a cui era
più legato. Il «moro» era un cavallo di
talento ma anche bizzoso e imprevedibile. Solo Vivaldo
sapeva frenarne gli ardori e graduarne l'enorme potenza.
Di The Last Hurrah diceva invece che «sapeva leggere e
scrivere. Faceva tutto lui, io avrei potuto soltanto
sbagliare e buttare al vento la vittoria». Ma con
Vivaldo in pista questo non succedeva quasi mai.
Vivaldo Baldi non poteva vivere lontano dalle scuderie, dai
cavalli, dagli ippodromi. Tanto che lo scorso anno aveva
voluto rinnovare ancora una volta la licenza nonostante i
suoi 83 anni. «Per adesso mi mantengo in forma con
passeggiate in bicicletta in Versilia - aveva detto appena
lo scorso gennaio - ma a primavera tornerò a correre.
Ho voglia di provare ancora quell'emozione di stare in
sediolo a un cavallo. I cavalli sono stati sempre la mia
vita e ancora adesso non riesco a rinunciare a questo
meraviglioso sport».
Invece se n'è andato per sempre, lasciando un vuoto
incolmabile tra i tanti appassionati di questo sport. Lo
aveva preceduto Nello Bellei, un altro dei miti del Sesana,
con il quale aveva effettuato infinite e spettacolari
sfide.
Un'altra rivalità memorabile era quella tra Vivaldo e
Brighenti, come Coppi-Bartali. Una rivalità
quest'ultima legata ai rispettivi cavalli: Tornese, il
«biondo» e Crevalcore il «moro». La
rivalità con Brighenti era paragonabile a quella fra
Coppi e Bartali. Fra Diecione e il «Pilota» c'era
comunque grande rispetto. Tanti anni dopo il proprietario di
Delfo, tolse il celebre cavallo a Brighenti per affidarlo a
Vivaldo. Quando arrivò in scuderia disse: «Ma io
che c'entro con Delfo? Questo è suo»,
riferendosi a Brighenti. Poi comunque riuscì ad
addolcirne il carattere e a trionfare nel Campionato Europeo
a Cesena. .
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