|
Luca de Simone
Sono già passati 40
anni dalla scomparsa di Totò. Morì alle tre di
notte del 15 aprile 1967. Anche per Totò, come per
tanti altri artisti della sua epoca, Montecatini
rappresentò una sorta di trampolino di lancio. Lui,
ogni estate, si esibiva con la sua compagnia di
avanspettacolo per il pubblico dei turisti delle Terme. La
gente aveva voglia di allegria e con gli spettacoli di
Totò, privi di significati particolari ma ricchi di
esilaranti battute e di incomparabili scene di mimo si
entusiasmava e rideva a crepapelle. E poi c'erano le
ballerine, che facevano sgranare gli occhi ai ricchi
industriali.
Quando tanti anni dopo tornò a Montecatini, ma questa
volta - ormai ricco e famoso e al culmine della sua
eccezionale carriera - non per lavoro ma in vacanza, volle
andare a vedere come erano cambiati quei teatri dove si era
esibito ed aveva raccolto applausi a scena aperta: il Verdi,
Il Trianon, il Palazzo, il Kursaal.
Era
accompagnato dalla giovane moglie Franca Faldini. Si
ricordava della tranquillità e del relax che offriva
questa città ai suoi ospiti e per lui era davvero
l'ideale, visto che in quel periodo stava girando ben
quattro film insieme: La banda degli
onesti, Totò lascia o raddoppia, Totò, Peppino
e la Malalemmina, I fuorilegge. Nella
sua carriera cinematografica ne avrebbe girati quasi cento e
più e &endash; si calcola &endash; abbia avuto 270
milioni di spettatori, soltanto al cinema. Un record mai
eguagliato. E moltiplicato dalle centinaia di passaggi
televisivi dei suoi film.
La Faldini aveva saputo portare ordine anche alla sua
turbolenta vita sentimentale. Totò si era sposato
prima con Diana Rogliani e quindi con Isa Barzizza,
soubrette e poi spalla in tanti suoi films, rapporti che non
durarono per la sua gelosia e per i suoi numerosi
tradimenti. L'ultima passione, la più travolgente
Totò la ebbe per Silvana Pampanini, bellezza
prorompente e popolare degli anni Cinquanta; ma durò
pochissimi anni, per far posto nel suo cuore a Franca
Faldini, alla quale, pochi istanti prima di morire,
dedicò le sue ultime parole: «t'aggio voluto
bene. Proprio assai».
Totò nacque il 15 febbraio 1898 nel rione
Sanità col nome di Antonio Clemente. Sua madre, nel
1921, sposò Giuseppe de Curtis dalla cui relazione
era nato Antonio. Nel 1928 de Curtis riconobbe Antonio come
suo figlio. Nel 1933 il marchese Antonio de Curtis venne
adottato dal marchese Francesco Gagliardi Foccas, e nel 1946
il tribunale di Napoli gli riconobbe il diritto a fregiarsi
di una lunga sfilza di nomi e titoli: Antonio Griffo Focas
Flavio Dicas Commeno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di
Bisanzio, altezza imperiale, conte palatino, cavaliere del
sacro Romano Impero, esarca di Ravenna, duca di Macedonia e
di Illiria, principe di Costantinopoli, di Cicilia, di
Tessaglia, di Ponte di Moldavia, di Dardania, del
Peloponneso, conte di Cipro e di Epiro, conte e duca di
Drivasto e Durazzo.
Totò fece il suo debutto in teatro, in una regolare
compagnia, nel 1928, a Napoli nei piccoli locali vicini alla
ferrovia e nelle recite in provincia, insieme ai fratelli De
Filippo. Fino al 1939 Totò si dedicò
completamente all'avanspettacolo con varie compagnie che
gravitarono tutte intorno alla sua persona. E puntualmente
ogni anno, anche più volte, venne a recitare a
Montecatini.
Nella vacanza del 1956 fu anche in vena di confidenze con le
persone a lui vicine e, spesso, nelle sue parole prevaleva
l'amarezza: «Sono ormai all'età in cui si tirano
le somme e non ho fatto nulla. Sarei potuto diventare un
grande attore, e invece su cento e più film che ho
girato, ve ne sono di degni non più di cinque. Ma
anche se fossi diventato un grande attore, cosa sarebbe
cambiato? Noi attori siamo solo venditori di chiacchiere. Un
falegname vale certo più di noi: almeno il tavolino
che fabbrica resta nel tempo dopo di lui».
Dentro di sé aveva la profonda amarezza della
persistente indifferenza della critica cinematografica e dei
grandi registi, nonostante il crescente successo di
pubblico, verso i suoi film. Dovettero passare altri dieci
anni prima che qualcuno valorizzasse le grandi
qualità umane e drammatiche di Totò. Fu Pier
Paolo Pasolini che lo chiamò a interpretare, nel
1966, Uccellacci e
uccellini e Che
cosa sono le nuvole. Sono poi venuti
Napoli milionaria
di De Filippo,
Guardie e Ladri e
I soliti ignoti di
Monicelli, Dov'è la
libertà di Rossellini e
l'Oro di Napoli di
De Sica. Ma successivamente sono state rivalutate pellicole
che lo hanno restituito a nuova gloria, come:
Fila e arena,
Pepé le
Mokò,
Totò al giro d'Italia,
Totò cerca casa.
Poche ma memorabili furono anche le presenze di Totò
in televisione. La prima apparizione risalì a
«Il
Musichiere» di Mario Riva nel
1958. L'incontro col presentatore fu molto affettuoso, dato
che avevano lavorato insieme in riviste nei primi anni del
dopoguerra, ma durante la trasmissione Totò si
lasciò scappare un «Viva Lauro» (l'armatore
e politico), che lasciò interdetto Mario Riva, il
quale esclamò «Totò», e lui di
rimando «A me piace Lauro...».
I dirigenti democristiani della Rai, visto che si era in
prossimità delle elezioni politiche, non tollerarono
che un personaggio così popolare come Totò
inneggiasse al capo del partito monarchico, e per molti anni
il Principe non fu più chiamato in televisione, se
non per qualche rapida intervista. Nel 1966 - l'anno prima
della sua morte - partecipò alla trasmissione di
varietà più popolare di quel periodo:
Studio Uno, in cui
ebbe una lunga performance con Mina, che cantò una
sua canzone, e col fido Mario Castellani recitò una
scenetta.
Venne poi la serie televisiva
«Tutto
Totò» che ebbe il merito di
raccogliere in extremis (il programma andò in onda
pochi giorni dopo la morte) gran parte del suo repertorio
teatrale.
Totò è stato anche autore di canzoni. La
più famosa è senza dubbio
«Malafemmena»
e per molto tempo si è creduto che avesse scritto
solo questa. Invece, Antonio De Curtis di canzoni ne ha
scritte quasi quaranta a partire dal 1951 senza contare
quelle scritte per la rivista e l'avanspettacolo.
Totò non conosceva la musica eppure delle sue canzoni
spesso ha scritto testi e musica. Qualche anno fa, sono
state ritrovate alcune canzoni inedite. Se
«Malafemmena»
è la canzone più conosciuta, tra le poesie
è certamente «A
livella», i cui primi versi sono
apparsi nel 1953 in appendice del libro
Siamo uomini o
caporali? Il suo libro più
famoso è appunto A
livella, pubblicato nel 1964, che
raccoglieva 26 poesie che Totò aveva scritto a
partire dagli anni cinquanta. Un secondo libro dal titolo
Dedicate all'amore
venne pubblicato, in occasione del decennale della sua
morte, per opera di Franca Faldini. Raccoglieva buona parte
delle poesie che Totò aveva dedicato alla compagna
con cui aveva vissuto gli ultimi anni della sua vita e che
aveva amato profondamente.
|
|